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Ferruccio Marini

Ferruccio Marini

"Dopo l’armistizio del 1943 mi ero nascosto in montagna con il mio tenente per paura dei tedeschi e c’erano su anche l’ingegner Cesare Maffei con la moglie in luna di miele. Una sera la signora voleva le patatine fritte e per accontentarla il Cesare ha usato lo spirito per accendere il fuoco, ma si è incendiato i vestiti e se non ci fossimo stati il tenente ed io non so cosa sarebbe successo."

Mi chiamo Ferruccio Marini dei Pieri e sono nato nel 1920 a Darzo che allora era comune.
Facevo il panettiere nel panificio qui sotto casa mia, un'attività che avevamo avviato con i miei fratelli e sorelle.
Mi ricordo che ancora all’inizio il Maffei, il Barba è stato aiutato dalla Cassa Rurale per iniziare i lavori di estrazione della barite. Sono entrati in società anche due soci di Darzo, Beltrami e Zanetti che poi finita la seconda guerra sono stati pagati fuori ed è rimasto solo il Maffei. Allora portavano ancora giù la barite con le slitte, perché la teleferica l’hanno messa dopo, e la portavano a macinare a Vestone, mi pare che solo nel 1927 hanno messo i mulini a Darzo. All’inizio lavoravano qui anche due cugini del Maffei, uno era il direttore dello stabilimento e un altro aveva due o tre camion e faceva il trasporto. La famiglia Maffei è diventata ricca per quel mucchio di barite che aveva accumulato durante la guerra. Infatti in quegli anni gli operai, sia quelli che lavoravano su in miniera che quelli che lavoravano giù nei mulini, avevano l’esonero militare perché la barite era un prodotto che adoperavano per le navi di guerra. Questo fatto è stato un bene perché ha salvato tanta gente, per contro però a quei tempi lavoravano senza protezione e dopo negli anni successivi molti sono morti di silicosi. Comunque durante gli anni di guerra non si sono mai fermati, hanno continuato a lavorare sempre e alla fine ne avevano accumulata lì una gran massa di barite, una montagna. Poi siccome non è che gli operai li pagassero chissà quanto, il loro lavoro ai Maffei non costava molto e potevano continuare a lavorare anche se la barite non si vendeva tutta. Quando dopo negli anni è arrivato il boom economico e c’è stata la grande richiesta di barite da parte delle industrie, loro ne avevano da vendere già pronta e così sono diventati ricchi. Poi comunque i Maffei negli anni hanno anche comperato alberghi e così sono cresciuti sempre di più.
Io facevo il pane e la mattina del lunedì, gli operai che andavano su alle miniere venivano a prendere il pane per tutta la settimana e ricordo che poi salivano su in montagna a piedi. Facevano dei bei sacrifici. All’inizio prendevano ognuno il pane per sé fino a quando non hanno costruito la cucina su in Marìgole.
Mi ricordo, intorno al 1930, quando due operai sono rimasti ciechi a causa di un’esplosione in miniera: uno era il Fenòli, marito della levatrice di Storo, che abitava a Ponte Caffaro e l’altro era il Domeneghini da Pisogne, che era venuto qui prima del 1940 ed abitava in affitto dove stiamo adesso qui noi. Mi ha fatto molta impressione questo incidente. Poi succedeva che quando è stata fatta la teleferica gli operai la usassero per andare su in montagna, salivano sulla barella ed era un pericolo. Dovevano però saltare dentro dai “cavalli”, i tralicci dove passava il filo, perché giù alla partenza non volevano prendersi la responsabilità.
La vita dei minatori è andata sempre migliorando dalla fine della guerra del Quaranta. Prima si facevano la polenta a mezzogiorno e poi alla sera si arrangiavano e addirittura non stavano neanche a dormire presso le gallerie, ma si dovevano spostare nei fienili vicini. Dopo hanno fatto la mensa e mangiavano caldo due volte al giorno e avevano le baracche per dormire.
Mi ricordo un fatto successo durante la guerra. Io, dopo l’armistizio dell'8 settembre del 1943 ero a Trento e c’era il mio tenente che era siciliano e non poteva tornare a casa. Allora è venuto con me a Darzo perché per fortuna a noi in famiglia non mancava niente, avevamo il pane, la campagna e le bestie e mia mamma lo ha tenuto qui, questo tenente. Ma un bel giorno ci arriva un messaggio da Trento che i tedeschi avevano anche il suo nome e che lo stavano cercando, quindi di stare attento che non lo prendessero. Allora gli ho detto, dai che andiamo a nasconderci qualche giorno in montagna. Nel frattempo l’ingegner Cesare figlio del Carlo Maffei, si era sposato ed era qua sfollato perché c’erano i bombardamenti in città. Durante la guerra i proprietari delle ditte minerarie stavano tutti sfollati qui, sia i Corna che i Maffei. La Luisa Corna è diventata anche amica di mia moglie durante la guerra, ma poi non se n’è più saputo niente. Allora il Cesare Maffei era andato con la moglie in luna di miele su in Val Cornèra e gli mandavano su il mangiare già fatto con la teleferica tutti i giorni. Quindi, li abbiamo trovati lì e abbiamo fatto conoscenza, certe volte venivano nel nostro fienile e altre volte andavamo noi su da loro. Una sera ci hanno invitato a cena, di sera perché noi facevamo come i partigiani per non farci vedere. La signorina, mi viene da dire perché la ricordo tanto giovane, si erano conosciuti giovani a Roma giocando a tennis, quella sera voleva le patatine fritte. Allora il marito ha cercato di cucinarle usando lo spirito per fare il fuoco e così si è incendiato i vestiti. Se non c’eravamo su noi, il tenente ed io, a buttargli addosso una coperta per spegnere il fuoco non so come andava a finire.
Darzo è stato beneficiato dalle miniere perché anche le ragazze dopo hanno lavorato qui senza andare a Milano a servizio nelle case dei signori. Quindi anche gli anni delle miserie, il 1929 fino al 1932, chi lavorava per le ditte minerarie non ha sentito la fame e non è emigrato come facevano negli altri paesi. Tutte le famiglie avevano a che fare con le ditte minerarie.
Alla Corna Pellegrini (Baritina) ricordo che ha lavorato come capo miniera a Marìgole un certo Domeneghini che veniva da Pisogne, fino alla fine della guerra. E invece alla teleferica lavoravano i due fratelli Cassinelli da Storo, e dopo la guerra hanno costruito anche loro lo stabilimento con i mulini e con le donne che lavoravano. Comunque anche loro, come i Maffei, prima di costruire lo stabilimento portavano la barite a Vestone.
Anche un’altra ditta ha lavorato all’inizio nel 1935, il Macario, lo chiamavano, che ha scavato a Dospré per 4 o 5 anni e poi ha smesso perché ha perso il filone. Lui confinava con il Maffei da un lato, e con i Corna dall’altro, era in mezzo. Aveva un piazzale qui in paese, per capirci, un po’ più in basso di dove adesso c’è la villa ex Maffei e aveva anche lui una teleferica parallela a quella del Maffei che poi, quando il Macario ha chiuso, ha comperato tutto e così si è allargato.
Poi c’è stato anche il Cima che ha costruito anche lui uno stabilimento e ha lavorato a partire dal 1930 o forse anche prima. È durato parecchio, tanto che ha costruito anche una centrale elettrica. Ma poi la ditta ha esaurito il filone, è morto il padrone e alla fine il Corna ha comperato tutto per 700 milioni di lire nel 1970 o nel 1975. Valeva tanto lo stabilimento giù, perché su alla miniera di Pice, ormai non valeva più niente. Il capo era Quarenghi e dentro lo stabilimento vivevano cinque famiglie.

Mio fratello Alessandro Marini ha lavorato un anno per la Maffei faceva il mugnaio nel 1939 prima di andare militare. Era nato nel 1913 ed deceduto nel 2000. Poi quando è tornato dalla guerra non ha più lavorato per le ditte minerarie.

Intervista realizzato a Darzo nel novembre 2010

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Darzo è un paesino di circa 750 abitanti, frazione di Storo, vicino al Lago di Garda e alle sponde del Lago d'Idro.

Si trova in Valle del Chiese in Trentino, a metà strada tra Brescia e Madonna di Campiglio.

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