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Danila Sella

Danila Sella

"Quando eravamo bambini io e i miei fratelli andavamo a fare le ferie in Val Cornèra con il nostro papà. Eravamo parecchi ragazzi figli dei minatori: si giocava, si andava per fragole o mirtilli, ci portavano anche a curiosare in miniera."

Mi chiamo Danila Sella. Quando ero giovane, le ragazze o emigravano a fare le cameriere a Milano o in Svizzera oppure lavoravano come cernitrici nelle ditte minerarie. Io ho trovato lavoro nell’officina meccanica dei fratelli Piccinelli: facevo l’operaia e filettavo i dadi di acciaio. Per 5 anni sono rimasta lì e poi mi sono sposata. All’epoca una volta sposate le donne non lavoravano più.
Mio papà si chiamava Camillo Sella era nato nel 1907 e faceva il minatore. Ha cominciato a lavorare per la ditta Maffei che aveva già più di trent’anni e prima faceva il contadino.
Quando eravamo bambini io e i miei fratelli andavamo a fare le ferie in Val Cornèra con il nostro papà. Eravamo parecchi ragazzi figli dei minatori: si giocava, si andava per fragole o mirtilli, ci portavano anche a curiosare in miniera.
I nostri padri minatori hanno fatto tanti sacrifici: il lunedì mattina salivano a piedi per due ore minimo. Certe volte mio papà si fermava la domenica per fare la guardia alla polveriera per arrotondare e mia mamma lo raggiungeva a fargli compagnia. Eravamo otto in famiglia, quattro figli, i genitori e i nonni. Sacrifici ne hanno fatti tanti e noi in confronto non abbiamo fatto niente. D’altra parte non c’era altro lavoro. Erano anni duri, in famiglia non abbiamo mai sofferto la fame, ma eravamo poveri. C’era anche chi stava peggio: una volta una persona mi ha detto che si ricordava di essere venuto qualche volta a mangiare a casa della mia famiglia perché a casa sua non aveva niente. Noi un po’ di salame o formaggio c’era sempre avendo due mucche e un po’ di campagna.
I minatori facevano un lavoro duro, ma erano comunque ben affiatati tra loro, non erano tristi. C’erano su anche ragazzi di vent’anni.
Mi ricordo che una volta è successo un incidente a mio papà gli è caduto un sasso in testa e per fortuna aveva l’elmo così non si è fatto niente di grave. Certo non raccontava molto della miniera.
Noi bambini dormivamo lì nei cameroni insieme ai minatori, non c’erano altre stanze. Adesso sarebbe impensabile una roba del genere, ma allora sessant’anni fa era normale.
Invece lì vicino c’era una bella casa dove stavano di tre figli del dottor Italo e la loro tata, la signora Ada di Milano. Qualche anno dopo scherzavamo perché la Milena, la figlia del dottor Italo, dopo che era stata da noi passava le vacanze in Costa Smeralda, mentre noi siamo sempre rimasti qui.
Mio papà è andato in pensione un po’ prestino perché aveva già la silicosi, a 55 anni. Si ammalavano tutti i minatori, tutti. Penso che la barite avesse un grande valore perché i Maffei sono diventati grossi. Quindi mio papà è andato in pensione quando hanno chiuso Val Cornèra e quelli più giovani sono venuti a lavorare giù allo stabilimento.

Anche mia sorella maggiore Alma Sella del 1942 ha lavorato alcuni anni come cernitrice per la ditta Maffei.

Intervista raccolta a Lodrone il 6 marzo 2013.

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Darzo è un paesino di circa 750 abitanti, frazione di Storo, vicino al Lago di Garda e alle sponde del Lago d'Idro.

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