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Alvaro Cimarolli

Alvaro Cimarolli

"C'era sempre molta umanità nelle relazioni di lavoro, secondo me eravamo come una famiglia. spesso si andava a cena insieme, organizzavamo tornei di calcio con le altre ditte della zona  e qualsiasi discussione non rovinava i legami nel profondo. Avevamo rapporti di vita, non solo di lavoro"

Mi chiamo Alvaro Cimarolli. Sono nato a Baitoni, vivo a Lodrone e sono stato assunto dalla ditta Maffei negli anni '80 dopo aver fatto regolare domanda di assunzione. Erano gli anni dell'innovazione e dell'ampliamento dell'attività della ditta in tutta Italia. Ho iniziato come operaio addetto ai turni. Poi tramite Ermanno Armani e insieme a lui per 10 anni, ho fatto manutenzione nei diversi stabilimenti che la ditta aveva in giro per l'Italia: andavo a Bernate Ticino, a Limone Piemonte, in Toscana e in Sardegna.
Poi negli anni '90 mi sono fermato a Darzo a sostituire Baldini Giuseppe che andava in pensione come capo officina.
Nello stabilimento il lavoro consisteva nella macinazione di minerali per le industrie della ceramica e per le vetrerie. Il materiale grezzo arrivava dalla miniera di Sondalo in Valtellina, sempre di proprietà della Maffei, e noi facevamo la trasformazione: da 200 mm. portavamo la granella 6 mm. Poi veniva essiccato e stoccato nei silos. Da lì in base alle richieste dei commerciali si eseguiva il prodotto.
Avevo un ruolo di responsabilità e molti contatti con gli operai con i quali avevo ottimi rapporti che mantengo tutt'ora. Ho sempre tenuto presente che anch'io ero stato operaio e  quindi trattavo i colleghi alla pari. C'era sempre molta umanità nelle relazioni di lavoro, secondo me eravamo come una famiglia; spesso si andava a cena insieme, organizzavamo tornei di calcio con le altre ditte della zona per far gruppo e qualsiasi discussione non rovinava i legami nel profondo. Avevamo rapporti di vita non solo di lavoro. La cosa che adesso mi dispiace di più è che da poco mi è mancato più che un amico, un braccio destro: Massimo Donati, che è venuto meno quest'anno. Era l'elettricista dello stabilimento, abbiamo lavorato insieme trent'anni e mi ha risolto tanti problemi perché conosceva a memoria tutto l'impianto. Voglio ricordarlo perché era una gran persona.
Nel 2005 la società Maffei è passata in mano a Gruppo Minerali Maffei che prometteva bene, ma invece da lì è cominciato il vero declino dell'impresa, non tanto per colpa dei dipendenti, perché noi abbiamo sempre fatto il nostro dovere, quanto per le strategie industriali o come dicevano i nostri ex datori di lavoro, perché costava troppo la produzione a Darzo, un paese fuori dalle direttrici di collegamento che rendeva il prodotto non competitivo. Per questo tra il 2009 e il 2010 hanno deciso di chiudere del tutto l'attività e poi di smantellare gli impianti. Secondo me la cosa che interessava di più ai nuovi proprietari era la centrale elettrica e, infatti, quando sono riusciti a venderla all'ente pubblico, la Esco dove lavoro adesso, hanno smantellato tutto.
Negli ultimi anni non abbiamo praticamente avuto rapporti con la proprietà comparabili con i rapporti che avevano i lavoratori negli anni in cui c'erano i Maffei. Avevamo rapporti solo con gli amministratori delegati da Novara o Milano, gente per bene hanno sempre pagato, ma non avevamo rapporti.
La perdita della ditta è stato un colpo per la valle, perché bene o male negli ultimi anni ci lavoravano una quindicina di dipendenti e artigiani, con in più l'indotto che tale lavorazione produceva nel territorio. È stata dura soprattutto la ricollocazione dei lavoratori perché di questi tempi lavoro non ce n'è poi tanto. Oltre il fatto che la maggior parte di noi ormai aveva passato in ditta più di vent'anni di lavoro, con tutta l'esperienza accumulata e le relazioni di lavoro e di amicizia costruite che in questo modo venivano meno. Si trattava di un impianto dove ci avevano lavorato diverse generazioni e tutti avevamo un rapporto affettivo con questa attività. Mi è dispiaciuto quando ha chiuso e tutt'ora quando passo davanti e vedi tutto vuoto e deserto provo tristezza.
 
Passato famigliare
Mio papà Martino Cimarolli, soprannominato “il Barba” era del 1915 e ha lavorato trent'anni per la ditta Baritina della famiglia Corna-Pellegrini come minatore nella miniera di Marìgole. Ha cominciato negli anni '30 e in quegli anni qui in valle i primi soldi si sono visti con l'apertura delle miniere e delle ditte minerarie. Mio papà mi raccontava della polvere, mi diceva “siete fortunati voi, perché non lavorate il sabato e siete protetti, noi stavamo su 10 o12 ore continuate a trivellare a secco in galleria e lo stipendio era quello che decideva il datore di lavoro”, ma per fortuna che c'era. Per quei tempi faceva la differenza a fine mese avere una cifra sicura anche se modica. Mio papà è andato in pensione nel 1965 con la silicosi ed è deceduto nel 2009.
 
Intervista raccolta il giorno 8 novembre 2012 a Condino.

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