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Virgilio Ghidini

Virgilio Ghidini

"Mi ricordo con piacere il clima di affiatamento che c'era in occasione della festa di Santa Barbara che veniva organizzata ogni anno in zona oppure anche a Pinzolo. Era un'occasione in cui ci si trovava tutti insieme ed era molto bello."

Mi chiamo Virgilio Ghidini. Sono nato a Lumezzane in provincia di Brescia nel 1944 e il mio soprannome è “il Barba”.
Ho cominciato a lavorare nella ditta Maffei nel 1982 e prima lavoravo come metalmeccanico alla costruzione di stampi. Un giorno Aronne Paoli, che era il direttore dello stabilimento di Darzo mi ha chiesto se mi interessava lavorare da loro perché il capo reparto stava per andare in pensione. A me andava bene perché ero fidanzato con una ragazza di Lodrone e quindi ho accettato. Da un punto di vista economico per me non è cambiato niente perché ero già operaio specializzato. Il capo Paoli ci teneva che il capo reparto fosse un esterno del paese per non lasciarsi influenzare dalle conoscenze personali con gli operai.
Il mio lavoro consisteva nel sovraintendere e controllare il materiale prodotto e dirigere gli operai. Eravamo in due capo reparto il mio collega si chiama Mazzini Bonardi di Anfo e poi quando è andato in pensione poco prima di me, è subentrato Giorgio Vecchi. Ci dividevamo i turni: si faceva dalle 5:00 alle 13:00 e l'altro dalle 13:00 alle 21:00 più la reperibilità fino alle 5:00. Abitavamo dentro lo stabilimento con le famiglie, la mia famiglia aveva un appartamento sopra gli uffici che abbiamo occupato fino al 2001. Abitare dentro lo stabilimento era un vantaggio perché eravamo subito lì se c'erano rotture o intoppi nella lavorazione.
Mi occupavo della qualità del materiale e il capo meccanico invece si occupava delle riparazioni che se poi erano particolari chiamava una ditta esterna. Poi seguivo anche il carico del materiale sulle autobotti per il trasporto e controllavo l'arrivo del feldspato dalla cava di Pinzolo, che arrivava già essiccato, per verificare che fosse nei parametri corretti. Se non era essiccato avevamo noi dei forni per farlo. Negli anni in cui ho lavorato, ho potuto assistere al miglioramento continuo dei procedimenti di lavorazione e dei macchinari perché, invece, i prodotti erano sempre quelli. Si faceva anche della ricerca in merito ad altri prodotti sempre per la produzione di ceramiche, come il quarzo, e anche un materiale che veniva dall'Africa che era competitivo con il feldspato di Pinzolo. Il problema delle polveri allora era risolto perché si abbattevano con l'acqua quindi l'ambiente di lavoro era più sano. La qualità era già alta quando ho iniziato e poi è sempre migliorata.
Il controllo della qualità della lavorazione era la mia mansione principale: verificavo la granulometria del prodotto, i valori della produzione in base ai quali si distribuiva il prodotto finito destinato ai diversi impieghi.
Un altro compito che avevo era quello di controllare la produzione dell'energia elettrica nella cabina dentro lo stabilimento.
Del mio lavoro mi pesavano le chiamate notturne, perché se ti chiamavano di notte era per qualche rottura. In pratica si doveva tornare subito alle macchine e con il personale ridotto al minimo, bisognava chiamare o l'elettricista o il meccanico, e decidere se intervenire subito oppure se si poteva aspettare il mattino.
I rapporti con i colleghi erano abbastanza buoni facevamo anche le gite aziendali, ma adesso ci siamo un po' persi di vista a causa dei miei problemi di salute. Anche se tra Lodrone, Darzo e Storo c'è sempre stato un po' di campanilismo vale a dire che si puntualizzava sempre da dove si proveniva. Infatti il direttore, Aronne Paoli, e i figli del dottor Italo tendevano ad assumere preferibilmente gente di Darzo e solo se c'era bisogno si rivolgevano fuori, molti lavoratori venivano ad esempio da Ponte Caffaro (BS). Mentre lavoravo io la Maffei è passata dalla proprietà del dottor Italo ai figli che hanno creato una S.p.A..
Mi ricordo con piacere il clima di affiatamento che c'era in occasione della festa di Santa Barbara che veniva organizzata ogni anno in zona oppure anche a Pinzolo. Era un'occasione in cui ci si trovava tutti insieme ed era molto bello.
In generale il lavoro mi soddisfaceva, anche se mano a mano che la ditta riduceva gli operai a partire del 1992, i rapporti tra colleghi si sono un po' raffreddati perché si è insinuata l'incertezza del posto di lavoro e si poteva essere messi alla porta da un giorno all'altro. Nel 1999 c'è stato un'ulteriore riduzione e anch'io sono stato messo in mobilità, ma per fortuna avevo già maturato 40 anni di lavoro e sono andato in pensione. Poi anni dopo hanno ceduto la ditta ad un'altra che ha venduto la centrale elettrica e allora abbiamo capito tutti che non c'era la volontà di continuare. Difatti dopo poco tempo hanno chiuso.
Insomma ho assistito al declino di quella che una volta era proprio la Maffei, l'orgoglio del paese. In pratica erano tanti che lavorano nella produzione e la ditta aveva portato un benessere consistente. Certo che logisticamente eravamo fuori mano per il trasporto, poi gli interessi di guadagno non venivano soddisfatti e piano piano è cominciato il declino.

Intervista raccolta a Lodrone il 28 febbraio 2013.

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