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Leone Beltrami

Leone Beltrami

"Fortuna che sono riuscito a cavarmela e a fare il postino, altrimenti sarei finito pieno di polvere."

Mi chiamo Leone Beltrami. Sono nato nel 1938 a Darzo e ho sempre abitato qui.
Ho lavorato per la ditta Maffei un primo periodo dall’aprile del 1957 al maggio del ’59. Dopo sono andato militare. Sono stato riassunto nel 1961 e ho lavorato lì fino al ’69 quando in novembre ho fatto il concorso per postino e ho cambiato lavoro.
Ho scelto di cambiare lavoro perché mio papà era postino e conoscevo cosa bisognava fare, perché la Maffei già da due anni mi permetteva di sostituirlo nel suo incarico a Lodrone quando andava in ferie. Alla fine ho preferito fare il postino che era meglio che stare a mangiare polvere.
Quando stavo alla Maffei lavoravo nello stabilimento all’essicatrice. C’erano già le insaccatrici automatiche che facevano 200 sacchi da 50 kg in quaranta minuti. Il lavoro non era male, ma tra i diversi turni il peggiore era quello del mattino perché bisognava anche accatastare i sacchi: eravamo in quattro per insaccare, metterli sul carrello, e portarli via. Prendavano in media 1200 sacchi in quattro persone a turno. La sera era meglio perché si mettevano subito sul camion e si faceva prima. Dal punto di vista economico nel 1961 guadagnavo circa 45mila lire al mese e negli ultimi tempi prima di lasciare la ditta nel 1969 arrivavo alle 95mila lire. Poi c’era ogni mese un premio di quattromila lire se caricavamo tanto. Una buona paga, se penso che a sedici anni lavoravo nella cava di ghiaia per cento lire all’ora, eravamo giovani però era molto, molto faticoso.
Negli anni in cui ho lavorato alla Maffei l’attività era nel periodo di massima espansione: nello stabilimento eravamo circa in 80 persone, tra magazzinieri, camionisti, elettricisti, meccanici e operai. Fino a quando c’era ancora la barite, c’erano anche le donne, poi sono rimaste solo quelle che lavoravano nell’amministrazione. In generale ci trattavano bene e a Santa Barbara ci offrivano il pranzo, i primi anni lo facevamo qua, poi a Trento e per il centenario siamo andati a Sardagna.
Si lavorava tanto ma ti lasciavano anche il momento di riposo quando si facevano i turni. Ad esempio, capitava che se alle 21.00 si finiva presto ti permettevamo di andare a casa un po’ prima che finisse il turno e poi il cartellino lo segnava il capo. Un ricordo particolare che non dimentico è quando rimase fulminato Cornelio Marini nel 1957, era un sabato. Eravamo quel quarto d’ora a mangiare e lui stava aggiustando qualcosa, ma in realtà non si sa bene come sia andata. Hanno fermato tutto e siamo usciti fuori mentre cercavano di rianimarlo, ma non c’è stato niente da fare.

Mia mamma si chiamava Celestina Marini dei "Ciali" era nata nel 1910 ed è morta nel 1991, aveva lavorato al Maffei come cernitrice per circa quattro anni prima della guerra, penso prima del 1936 perché poi si è sposata.

Intervista effettuata a Darzo nel mese di novembre del 2010.

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