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Enrik Beltrami

Enrik Beltrami

"Il mio lavoro mi piace anche perché c’è un attaccamento affettivo alla ditta: ci ha lavorato mio nonno, mio papà. Poi quando ho iniziato io lavoravano anche lo zio Onorio che portava in giro la barite e lo zio Nello."

Mi chiamo Enrik Beltrami. Sono nato nel 1971, sono di Darzo e da 19 anni lavoro per la ditta Mineraria Baritina, infatti, ho cominciato nel 1992.
Sono stato introdotto da Luigino Beltrami che è mio parente. All’epoca era capo operaio e stava per andare in pensione e mi ha chiesto se volevo lavorare alla Baritina. Ho pensato: “Va bene proviamo” e da allora non mi sono più mosso.
Mi piace il mio lavoro e non lo cambierei mai, mi sembra di lavorare a casa mia.
Adesso il mio compito è quello di macinare e insaccare la barite: faccio il mugnaio. Quando ho iniziato ero addetto ai “venchi”: si tratta di due macchinette che separano la barite dallo sterile perché lo sterile essendo più leggero resta a galla e viene portato via con l’acqua, mentre la barite più pesante resta sul fondo. Una volta separato dallo sterile, portavo il materiale con dei carretti a mano e lo scaricavo nei vari silos. Da dieci anni a questa parte, invece, c’è un nastro trasportatore che porta la barite nei silos. Un operaio ogni tanto toglie a mano qualche granello più brutto, ma in generale non si tocca più la barite con le mani. Ho lavorato, poi, per un breve periodo sopra, al nastro cernita, dove c’erano tre donne che separavano a mano tre qualità: la super, la extra e la prima. Adesso c’è solo la super e lo sterile, perché sia il materiale che viene dall’estero, che quello che estraggono dall’altra miniera italiana, credo in provincia di Lecco, non è di qualità extra è solo di qualità super. La extra veniva da Marìgole.
Adesso la barite arriva con i camion che la scaricano nella parte di stabilimento che era stato della ex Sigma, sul territorio di Storo, poi Antonio Cortella la prende e la porta su con il camion in cima allo stabilimento che è sempre stato della Baritina, dove ci sono tre tramogge e scarica. Da lì la barite attraverso un nastro trasportatore viene portata alla botte, che è una lavatrice con dentro l’acqua. Una volta lavato il materiale va sul nastro cernita dove lavorano una donna, che tira fuori lo sterile che è più leggero e un uomo che tira fuori la barite. Da lì il sasso grosso va giù in una tramoggia e viene frantumato e poi passa nei “venchi” perché così si separa ancora la barite e lo sterile che è rimasto. Dopo questo passaggio, tramite un altro nastro trasportatore, la barite finisce nei vari silos. Dal silos io con la paletta metto il materiale nel forno per asciugarlo. Poi viene macinato nel mulino, lungo sette o otto metri, e ne viene fuori la polvere. Questa va nei separatori che separano ancora la parte più fine. In base poi alle richieste del cliente e anche in base alla qualità della barite che si sta lavorando è possibile anche micronizzare la barite in una polvere ultramicro. Ad esempio, si lavora la barite di qualità extra o super quando serve per produrre le vernici, mentre si lavora la qualità più scadente, la “pelio”, per fare stucchi, per fare le plastiche delle carrozzerie delle auto o i ferodi dei freni e allora non serve micronizzarla. Questo è il processo che viene fatto adesso, ma da quando ho cominciato sono cambiate molte cose, ad esempio il numero degli operai: adesso siamo in sei fissi compresi due senegalesi, quando ho iniziato eravamo in quindici. Poi da quando è stata chiusa la Maffei il clima non è positivo, stiamo sperando che non succeda anche a noi.
Il nostro principale problema è che andando in pensione il nostro titolare Tanghetti non abbia più interesse e chiuda lo stabilimento. Mi viene da pensare che tenga ancora aperto per noi, per non lasciarci a casa. Probabilmente alla lunga ha pagato la politica di non aver fatto grossi ammodernamenti negli ultimi anni: questo ci ha permesso di andare avanti senza debiti. Ad esempio la Maffei ha fatto grossi investimenti per ammodernare e l’anno dopo ha chiuso. Meglio noi che abbiamo tirato la cinghia e speso il meno possibile e con il nostro tran tran andiamo avanti. Viviamo alla giornata, non è il massimo ma speriamo che tenga duro. Magari potrebbe prendere in società qualcun altro perché l’impianto c’è e penso che un margine di guadagno rimanga comunque, se pensiamo che già adesso la barite viene comprata fuori. Speriamo che il lavoro rimanga perché comunque 1.300 euro con un lavoro vicino a casa che ti piace al giorno d’oggi non è così facile trovarlo.
Il mio lavoro mi piace anche perché c’è un attaccamento affettivo alla ditta: ci ha lavorato mio nonno, mio papà, Sergio Beltrami. Poi quando ho iniziato io lavoravano anche lo zio Onorio che portava in giro la barite e lo zio Nello. Quindi non mi pesa andare lavorare; infatti è come una famiglia siamo in pochi e guardiamo di aiutarci uno con l’altro. Adesso a breve andrà in pensione il capo dello stabilimento il signor Francesco Boschetti e non so a chi passerà la direzione dei lavori. Per la prova del materiale è già stato incaricato Giuliano Festa di Storo che prima lavorava in miniera, ma per il resto non so come ci si organizzerà.

Per la ditta Baritina hanno lavorato molte persone della mia famiglia: mio nonno Antonio Beltrami che era del 1904, mio papà Sergio Beltrami che ha lavorato per vent'anni, poi mio zio Nello Beltrami che è morto da pochi anni, e l'altro mio zio Onorio Beltrami che non era assunto ma faceva il camionista in proprio, portava la barite alle ditte che la chiedevano.

Intervista effettuata a Darzo nel novembre del 2010.

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