ITA

Luigi Frigerio

Luigi Frigerio

"Preferivo lavorare in miniera perchè nello stabilimento eravamo sempre sorvegliati: andava via il capo arrivava il direttore, andava via il direttore arrivava il padrone. Non è che se non eravamo sorvegliati non si lavorava, ma così sembrava che loro pensassero che non si lavorava e ci dava fastidio." 

Mi chiamo Luigi Frigerio. Sono nato nel 1930 a Milano, sono sposato con Olimpia Beltrami e abbiamo quattro figlie.
Mia madre era di Bondone e mio papà era di Agordo ma era emigrato a Milano. I miei genitori si sono conosciuti e sposati lì e poi, quando mia mamma si è ammalata, sono tornati a Baitoni, poi a Bondone e alla fine mia papà è andato a lavorare alla Sigma. Io ho lavorato per la Corna, che poi è diventata Società Mineraria Baritina, dal 1954 al 1971. Facevo il minatore in Marìgole e negli ultimi due anni ho fatto praticamente il cuoco, perchè nessuno lo voleva fare.
Nel 1971 ho avuto il primo infarto e quando sono rientrato ho lavorato nello stabilimento fino al 1982 dove portavo il materiale alle donne cernitici dopo che era stato lavato. In miniera il lavoro era duro: una fila di ore, anche dieci ore al giorno per guadagnare qualcosa di più: dalle 6.00 alle 11.00 e dalle 13.00 alle 18.00. Si stava anche a fare la guardia alle polveriere durante la fine settimana, per guadagnare qualcosa in più. In galleria c’era da armare con il legname: portarlo dentro, installarlo. Poi si faceva la volata, si facevano i buchi, si caricavano, si sparavano le mine. Allora cosa succedeva, ad esempio, dove c’era aria corrente che portava via velocemente il fumo, si poteva sparare e rientrare dopo poche ore. Invece, dove non circolava aria si doveva aspettare magari il giorno dopo che tutto il fumo fosse andata via. Dopo si portava fuori il materiale e se era buono si mandava allo stabilimento, se era sterile si portava in discarica.
Quando c’ero io facevamo tutto a mano con le carriole. Se il filone di barite era stretto bisognava fare un buco piccolo altrimenti veniva giù anche tutto lo sterile e allora ci stava un minatore solo con il badile e la carriola. Se il filone era più largo, allora ci si stava anche in due, ma sempre a mano, con il vagoncino magari!. Nell’avanzamento c’era sempre la via che portava alla tramoggia per trasportare il materiale all’esterno. Le pale meccaniche sono venute dopo che io era già venuto giù a lavorare nello stabilimento.
L’Ingegnere [Piero Corna] e il capo ci dicevano dove lavorare. Si sentiva il pericolo in tutte le maniere: bisognava avere fiuto e occhio. Soprattutto nella fase del disgaggio negli avanzamenti piccoli dove tocchi con un'asta lunga al massimo un metro e mezzo o due, e toccando qui viene giù lì. Una volta nel 1962 mi è caduto un sasso sulla schiena che non me lo aspettavo e ho fatto tre mesi di malattia perché mi ha schiacciato tre vertebre. Sono imprevisti che non puoi prevedere. Il minerale tende a staccarsi dal tetto e prendendo uno scossone con le mine scende. Però non lo vedi, tocchi qui e viene giù un pezzo, pensi che sia tutto a posto e magari dopo un po’ un pezzo vicino ti viene in testa. Dal punto di vista economico si viveva. In miniera guadagnavi di più perchè si prendeva l’indennità sottosuolo, mi pare cinquecento lire la giorno e il teleferista prendeva l’indennità di alta quota.
Negli anni delle proteste, mentre alla Maffei facevano sciopero, noi alla Baritina eravamo più indecisi: era un po’ un tira e molla perché molti non volevano perdere una giornata di lavoro. Comunque anche per la questione delle ore di lavoro, in miniera era diverso che nello stabilimento: quando si era lassù bisognava lavorare già che c’eri, altrimenti cosa facevi, più che andare a funghi o a pescare non si faceva. La sera quando si finiva si stava in compagnia si giocava a carte e si beveva. Per questo hanno permesso di fare le baite per le famiglie che l’estate raggiungevano i mariti. Abbiamo chiesto al comune e si pagava l’affitto all’Asuc. La mia l’ho costruita nel Sessanta con il legname dei boschi a tempo perso dopo il lavoro. Adesso sono state accatastate, paghiamo ancora l’affitto e le usiamo perché quando si sta su d’estate è bello. Mentre la costruivo l’Ingegnere mi disse: “Perché non la fai con i forati? Li porti su con la teleferica.” “Se mi aumenta la paga, volentieri”, gli avevo risposto. Infatti la strada all’epoca non c’era e tutto bisognava portarlo su con la teleferica. Come lavoro preferivo lavorare in miniera perchè giù eravamo sempre sorvegliati: andava via il capo arrivava il direttore, andava via il direttore arrivava il padrone. Non è che se non eravamo sorvegliati non si lavorava, ma così sembrava che loro pensassero che non si lavorava e ci dava fastidio. In miniera, invece, era meglio, arrivava il capo e chiedeva: “Tutto bene?” gli rispondevi “Sì” e andava via. Poi il lavoro in galleria era più interessante.

Intervista effettuata a Darzo nel mese di ottobre del 2010.

Copyright © minieredarzo.it · all rights reserved. In caso di utilizzo di questi testi citare la fonte e informare i responsabili - info@minieredarzo.it

Azzera filtri

Visite guidate

CALENDARIO VISITE GUIDATE 2024 IN PREPARAZONE - TORNATE A TROVARCI - GRAZIE

Calendario visite guidate 2024 in preparazone - tornate a trovarci - grazie

Visita guidata interattiva adatta a tutte le eta'

Vedi e prenota

Calendario visite guidate 2024 in preparazone - tornate a trovarci - grazie
Visita guidata interattiva adatta a tutte le eta'

Dove sono le Miniere di Darzo

Darzo è un paesino di circa 750 abitanti, frazione di Storo, vicino al Lago di Garda e alle sponde del Lago d'Idro.

Si trova in Valle del Chiese in Trentino, a metà strada tra Brescia e Madonna di Campiglio.

Informazioni
Dove siamo

Richiesta informazioni




Iscriviti alla nostra newsletter


Annulla
CHIUDI

Prenota