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Elio Rinaldi

Elio Rinaldi

"Mi ricordo che ogni volta che si faceva un nuovo impianto la tecnologia era sempre nuova perchè si andava sempre più avanti e questo dava molta soddisfazione."

Mi chiamo Elio Rinaldi e sono nato a Darzo nel 1940. Sono sposato dal 1968 e ho due figli.
Ho lavorato per la ditta Maffei come manutentore degli impianti e mi piaceva perché era il mio campo. Infatti avevo fatto la scuola meccanica, l'Enaip a Storo. Prima di fare il militare ho lavorato per un periodo per la ditta meccanica Piccinelli che faceva la manutenzione degli impianti dello stabilimento di Trento. Una volta tornato da militare, nell’ottobre del 1963 mi hanno assunto alla Maffei e il signor Piva, che era capo degli operai di Trento, mi ha chiesto se volevo restare a lavorare lì, ma io ho preferito tornare a lavorare a Darzo sempre a fare manutenzione e anche impianti nuovi. Quindi sono rimasto qui fino al febbraio del 1973 . Ho lasciato il lavoro perché avevo preso un riscaldo dentro al mulino che mi aveva portato una malattia ai reni con forti mal di schiena e febbre alta e sono stato prima all’ospedale di Trento, dove volevano togliermi un rene, poi a Verona dove per fortuna mi hanno fatto passare l’infiammazione. Dopo però, non volevo più fare quel lavoro lì e ci sono state discussioni con i capi. Infatti il perito voleva assolutamente che restassi a lavorare, ma io non me la sentivo anche nei confronti dei colleghi di lavoro, di restare senza riuscire a fare le stesse cose che facevo prima. Mi avevano proposto di stare in una stanzina a fare delle prove sui materiali, ma non mi piaceva. Ci ho anche provato per una decina di giorni: andavo a prendere i miei sacchettini di materiale alla mattina, stavo a fare le misure, poi portavo le carte in ufficio, ma non mi piaceva stare lì chiuso dentro da solo per otto ore.
Nel frattempo c’è stata l’occasione di mettersi in proprio con Giovanni Zanetti, e poi altri due soci, abbiamo aperto la ditta di Sarea che produceva reti metalliche plastificate.
Nei dieci anni alla Maffei ero sempre in giro per gli stabilimenti a fare manutenzione: partivo da qua il lunedì magari per Canezza di Pergine, poi a Trento mi fermavo un giorno, poi andavo a Pinzolo e così. Si girava in una squadra di tre. Altrimenti stavo anche qui a Darzo in sede, dipendeva da cosa c’era da fare. Era un lavoro vario e anche senza troppe responsabilità, perché comunque c’erano i capi che rispondevano loro. Anche la notte capitava che mi chiamavano se si rompeva qualcosa e si doveva sempre essere disponibili non c’erano domeniche o festività. La retribuzione era buona. Nelle trasferte era tutto pagato e quando si girava cercavano sempre il posto migliore per mangiare e dormire. Mi ricordo che ogni volta che si faceva un nuovo impianto la tecnologia era sempre nuova perchè si andava sempre più avanti e questo dava molta soddisfazione. Il lavoro mi piaceva e con i miei compagni di squadra eravamo affiatati. Sono sempre stato in ottimi rapporti con i capi e i proprietari anche dopo che mi sono licenziato.

Mio papà si chiamava Eugenio Rinaldi era nato nel 1906 ed è deceduto nel 1996. Aveva lavorato per un periodo alla ditta Sigma, mi pare da subito dopo la guerra nel 1945-46 per circa dieci o quindici anni. Era addetto alla teleferica ma non era un lavoro continuativo perché d’inverno non scavavano. Infatti mio papà faceva anche altri lavori, nella centrale elettrica [una delle centrali idroelettriche sul fiume Chiese impiantate dal gruppo Edison negli anni Cinquanta] mentre la costruivano e in quegli anni si prendevano i lavori che c’erano.

Intervista effettuaua nel mese di dicembre 2010 a Darzo.

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Si trova in Valle del Chiese in Trentino, a metà strada tra Brescia e Madonna di Campiglio.

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