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Angelo Brugnoni

Angelo Brugnoni

"A questi tempi c'erano tante cernitrici e mi ricordo che andavano a lavorare in bicicletta cantando tutte insieme."

Mi chiamo Angelo Brugnoni. Sono nato a Storo, in casa, nel 1925 e il soprannome della mia famiglia è  i “Pàe di Storo”.  

Appena finita la guerra non c'erano lavori, lavoravo in campagna poi ho trovato lavoro in una ditta edile a Trento. Mio fratello Guido lavorava nella ditta Sigma, ma aveva avuto un incidente e allora sono andato giù io al suo posto a lavorare allo stabilimento. Il proprietario della ditta, il dottor Cima veniva tutte le sere a casa di mio papà e di mia mamma a chiedere che andassi giù a lavorare. Lo conoscevo perché io facevo l'operatore al cinema della parrocchia e il dottor Cima era amico del parroco. Aveva confidenza con il paese anche perché aveva qui un'innamorata. Era una ragazza che lavorava come cernitrice allo stabilimento. A questi tempi c'erano tante cernitrici e mi ricordo che andavano a lavorare in bicicletta cantando tutte insieme. Il dottor Cima faceva il filo alle più belle. Era il 1947 quando ho cominciato nella ditta Sigma. Sono subentrato a fare il lavoro di mio fratello che costruiva le macine per la barite. Facevo le otto ore, però se c'era da lavorare la notte o le feste e io facevo andare avanti tutti gli impianti.
A quei tempi le macine si facevano a mano di pietra con spessori di cinquanta centimetri. Erano molto costose, costavano “un emporio”, allora il dottor Cima ha proposto di fare in un altro modo: si macinava il quarzo che si ricavava come scarto dalla miniera poi si gettava con il cemento bianco in una cassaforma con il vibratore per assestare bene la miscela.Una volta fatta la forma tonda della macina bisognava anche farci dei solchi a raggiera per lo scarico del materiale macinato. Il dottor Cima veniva tutte le settimane da Milano a controllare come procedeva il lavoro allo stabilimento. Io mi occupavo di tutto quello che serviva: conoscevo tutti i macchinari e se c'era bisogno facevo anche il falegname. Se mancava qualcuno, lo sostituivo. Ho lavorato su a Faserno alla condotta per la centrale elettrica, ho lavorato al bacino idrico che è il più alto del trentino, e anche in galleria sono andato. Su c'era una galleria vecchia nei prati di Pice che c'era ancora prima di fare lo stabilimento, dove avevano estratto i sassi a mano e li avevano depositati nel prato circostante per portarli giù con le slitte prima di fare la teleferica. Era una barite bella quella lì. Questa miniera era vecchia e prima che la prendesse il dottor Cima l'avevano già scavata altre persone. Negli anni la ditta Sigma si è ingrandita molto: hanno comperato le pale, i macchinari e hanno fatto tanti lavori per mettere in piedi lo stabilimento. Negli anni ci ha lavorato molta gente da Storo.
Dopo che è morto il dottor Cima nel 1962 per un certo periodo lo stabilimento è stato gestito dal perito Enrico Casotti fino a che non siamo passati alla ditta Baritina della famiglia Corna. Io, comunque, sono rimasto sempre nello stesso posto a fare le stesse mansioni. Un periodo sono andato insieme al geometra Bernardi Bernardino “Dino” anche in un'antica cava di fluorite a Corvara in valle di Sarentino, che risaliva al tempo dell'Impero, per estrarre l'acqua con le pompe dalla galleria che era profonda 80 metri.
Il dottor Cima non era cattivo quando arrivava da Milano la prima cosa che chiedeva era se c'erano stati infortuni. Una volta mi è entrata una scheggia di acciaio nel braccio mentre stavo lavorando una macina di pietra e mi ha portato lui fino a Trento all'ospedale, dove mi hanno operato. Poi mi ha anche portato fuori a mangiare. Si fidava ciecamente di me e il "Bèrghem", Eugenio Quarenghi, il direttore dello stabilimento, era un po' geloso di me, perché il padrone mi voleva sempre e mi faceva fare le cose a modo mio senza consultarlo. Una volta mi ha detto che avrei dovuto andare su a fare il capo della miniera, ma io non ho voluto perché il capo miniera deve abbandonare le compagnie, non può più andare all'osteria, non può dare confidenza agli operai. Poi io non ero d'accordo con il suo modo di fare. Era un uomo duro e diceva che se il proprietario gli avesse detto di fare in modo di allontanare un operaio lui lo avrebbe fatto senza pensarci: ad esempio licenziare dei vecchi minatori pieni di silicosi che non riuscivano più a lavorare. Io una cosa del genere non potevo accettarla, faccio qualsiasi lavoro, ma non il capo se questo significa trattare male i minatori, paesani o forestieri, fino a spingerli a licenziarsi dopo una vita di lavoro in galleria. Invece il dottor Cima era un buon uomo. Dopo che è morto sono andati avanti i suoi fratelli e hanno aperto la Condel per fare i condensatori. Anche quando siamo passati alla Baritina ho continuato a fare tutti questi lavori. Andavo d'accordo con tutti i colleghi e quando venivano dei giovani io gli insegnavo le cose da fare. Il lavoro mi piaceva molto ed ero contento. Ho fatto 29 anni di lavoro allo stabilimento prima con la Sigma e poi con la Baritina e in tutto ho festeggiato per 50 volte la festa di Santa Barbara.
 
Mio fratello Guido Brugnoni è del 1929 e ha lavorato per la ditta Sigma solo due anni più o meno, da quando ho cominciato io, mi pare dal 1945 al 1947.

Intervista raccolta a Storo il 9 maggio 2014

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